In questi giorni faccio una grande fatica a ricominciare. Sento tutta la mia fragilità umana di mamma freelance, alle prese con un mondo diviso, che ancora risente dell’isolamento.
Da un lato il lavoro: chi se lo inventa o reinventa, chi lo lascia o lo perde, chi, forse, ancora lo trova o vuole rimettersi in gioco. Dall’altro la vita: la famiglia, i figli, le emozioni miste a preoccupazioni di una ripresa ancora incerta.
A volte quell’incertezza sembra avere la meglio. Anzi no.
Cos’è la fragilità?
Negli ultimi mesi ne ho letto e sentito parlare molto. Eppure, al contrario, vedo espressioni di guru della comunicazione e dell’informazione che sanno tutto e propongono corsi per ogni cosa. Di fragile hanno ben poco.
Allora mi sono chiesta: cos’è veramente la fragilità?
Fragile è ciò che può rompersi facilmente, che ha poca resistenza. Dal latino frangere, spezzarsi rompersi. Eppure la fragilità viene considerata una delle qualità che ci rendono più umani, che ci definiscono.
Per Vittorino Andreoli, celebre psichiatra del nostro tempo,
Da questa idea di fragilità, opposta alla debolezza, voglio ripartire. Sono convinta che la fragilità umana è anche la nostra più autentica unicità: quella che ci rende differenti gli dagli altri eppure tutti interconnessi.
Come un vaso di Murano – parafrasando Andreoli – così bello, sottile e colorato, non è debole, è fragile. Si frantuma, ma è bello. E la sua bellezza e preziosità sono proprio legate a questa fattura straordinaria.
La fragilità nasconde, in realtà, una spiccata sensibilità, una maggiore intensità emotiva che spesso cerchiamo di nascondere. Forse per una paura che arriva da lontano, da un’educazione superata che ci voleva tutti supereroi.
E in questo la pandemia ha fatto centro: ci ha costretto a guardarci dentro, a stare distanti, a ripensare le nostre relazioni. Ma anche a ridare valore alle piccole cose. Proprio quelle che, talvolta, diamo per scontate.
Perché la fragilità è un valore?
Il valore della fragilità umana sta tutto dentro di noi. Per questo ci porta alla nostra scoperta, a quel viaggio che dura tutta vita, alla ricerca della felicità. Alla ricerca di ciò che ci fa stare bene. Con noi stessi e con gli altri.
Allora la fragilità – e questo periodo ce lo sta dimostrando – assume un valore inestimabile: ci permette di riconoscerci umani. Ci risvegliamo dalla frenesia del quotidiano che sopisce i nostri sensi e comprendiamo, anche attraverso i social network, che anche gli altri sono fragili come noi.
Questo approccio alla vita aumenta il senso di condivisione e il desiderio di camminare insieme.
Penso proprio a questo quando rifletto sulla nascita di Freelance Network Italia. In fondo, questo gruppo di freelance professionisti della comunicazione e del digitale, è nato dal desiderio di condividere quel cammino, una volta riconosciuta la fragilità dell’essere freelance da soli.
La fragilità ha dunque a che fare con l’empatia, con la nostra capacità di immedesimarci nell’altro o meglio di “sperimentare i sentimenti di qualcuno” (Einfühlung. in tedesco, sentire dentro), nell’accezione tratta da Empatia Digitale di Assunta Corbo, Edizioni DoItHuman.
È questo sentire diverso, questo stare nelle emozioni più delicate, come la gioia e la timidezza, a fare della fragilità una dote da riscoprire, specialmente di questi tempi, nella nostra società individualista e vulnerabile.
La fragilità del freelance
Poi ci sono le fragilità legate a noi freelance:
- il bisogno di condividere e il timore di dare
- il desiderio di emergere e l’esasperazione del personal branding
- la necessità di farsi trovare e la voglia di rimanere in silenzio
- l’urgenza di fare e il pensiero di non essere abbastanza.
Eppure è tutto così umano. Se solo ci guardassimo intorno, scegliendo con cura le persone belle da seguire, evitando con sapienza i programmatori seriali di piani editoriali super efficienti, ci accorgeremmo di questa fragilità che ci appartiene e ci accomuna.
La vera domanda da porsi è: “Cosa è meglio per me, adesso?”. Rispettiamo i nostri tempi e le priorità che ci siamo dati per conciliare vita privata e professionale.
È esattamente ciò provo in questo periodo, ma è anche ciò che ho ascoltato in un video di Marta Basso. E voglio ringraziarla per aver toccato questo tasto, permettendomi di entrare in punta di piedi nei suoi pensieri e nel suo cuore.
Siamo quasi alle conclusioni e, chi mi conosce, sa anche che ho una visione positiva, anzi costruttiva della vita e dell’esperienza e non posso lasciarvi senza una soluzione.
Allora, vi racconto la mia.
E se la fragilità fosse una forza?
Fragilità e forza. Parrebbe un ossimoro, invece è energia nuova. È come imparare ad attraversare il fiume del cambiamento e lasciarlo sedimentare nelle nostre abitudini.
Chi si è sentito fragile e ha trovato la forza di raccontarlo, ha indebolito il potere nascosto di quel pensiero e ha ridato linfa alle proprie risorse interiori.
Ecco perché la nostra fragilità va davvero celebrata come una delle nostre qualità migliori. Uniamo le forze, uniamo le fragilità e ritroveremo la strada. Anche per creare qualcosa di nuovo nella nostra vita privata e professionale.
Per questa ragione sto definendo dei percorsi di mentoring dedicati ai freelance, in cui insieme ci porremo degli obiettivi e li perseguiremo in un reciproco scambio di conoscenza. Imparando a lasciare andare e a modificare l’interpretazione che abbiamo dato ad alcuni eventi del nostro passato.
Alla fine avremo fatto progressi e guarderemo al futuro in modo nuovo. Incerti, forse, ma pronti ad accettare di sbagliare per continuare a crescere.
Puoi sempre seguire il mio canale Telegram e usare il form per contattarmi.