Anche a te capita di sentirti stanco e svogliato all’arrivo della primavera? Sarà la stagione, sarà il peso dei due anni difficili che abbiamo alle spalle, ma dopo i mesi invernali pieni di entusiasmo e di carica, in questo periodo ho la sensazione di perdere energia.
A volte sono tentata di fermarmi, lasciare che la stanchezza prenda il sopravvento. Ma ho imparato che non è il metodo giusto. Occorre ascoltarsi.
Anche se non amo usare espressioni in inglese, questa lingua mi aiuta a formulare con più sinteticità ed efficacia i miei mantra. Nei momenti di debolezza, rispolvero uno dei miei preferiti: “Take care, take action”, ossia “Prenditi cura di te e passa all’azione”.
Ne ho parlato nel podcast che trovi qui sopra. Quando sentiamo che le nostre energie sembrano venir meno, spesso siamo portati a fermarci per tentare il recupero delle forze. Eppure rimanere immobili non è la risposta giusta.
Una pausa può servire, ma solo se ci aiuta a preparare la nostra reazione partendo dal nostro sentire. Per mantenere l’equilibrio è infatti indispensabile adottare un atteggiamento proattivo.
Quando gli stimoli esterni non ci aiutano, come sempre possiamo guardare dentro di noi.
Ecco come faccio.
Cura e azione con esercizi di mindfulness
Rimandare la risposta a un momento di difficoltà non è sempre una buona idea. Il primo modo per reagire è prendersi cura di sé. Come si fa? Ti voglio consigliare una cosa che faccio da un pò: mi metto in ascolto del mio corpo.
Tempo fa, alla ricerca di un maggiore equilibrio personale, ho seguito un percorso di mindfulness. Ne avevo bisogno per comprendere meglio le dinamiche delle mie emozioni, cercare la forza di cambiare alcuni aspetti che non andavano nella mia vita e nel mio lavoro, e imparare a lasciarne andare altri che non sentivo in linea con i miei valori.
In questo cammino ho imparato a concentrare l’ascolto sulle emozioni che provo, soffermandomi sui segnali che il corpo mi invia. Mi sono accorta che in determinate situazioni della vita sentiamo riecheggiare nel nostro corpo le emozioni. È un segnale, una risonanza fisica.
Ti faccio un esempio. Sarà successo anche a te, affrontando momenti di sconforto, magari a causa di persone che ti hanno ferito, di provare la sensazione di “groppo in gola”.
È come se il flusso normale di energia del corpo si fermasse, interrompendo la nostra forza e facendo vacillare il nostro equilibrio. Non è un caso che la risposta del corpo si faccia sentire proprio nella gola, dove, secondo la mistica orientale, si trova proprio il chakra, il centro della comunicazione.
Per sbloccare le emozioni negative e riattivare il fluire dell’energia positiva, può essere utile concentrarsi sul respiro. “Inspiro e mi calmo. Espiro e sorrido” è un principio dello yoga che mi sforzo di praticare quando avverto nel mio corpo i segnali di un’emozione negativa.
L’espressione “take care” per me vuol dire proprio questo: ascolta il corpo, calmati, respira, lascia andare quello che non puoi controllare. Soffermati a comprendere gli effetti sul tuo corpo di quello che succede fuori, identifica e prova a descrivere quale sensazione stai sperimentando e dove si riflette dentro di te.
Ti consiglio di provare: nei momenti di stanchezza è una buona base di partenza per una reazione efficace.
Puoi fare un esercizio: quando avverti una sensazione intensa, cerca di appuntare su un quaderno in quale parte del corpo ha risuonato. Osserva le reazioni fisiche a ciò che accade all’esterno e prendine nota: scrivi ogni sera, prima di dormire, ciò che ricordi. Rileggendo, vedrai i tuoi cambiamenti, i tuoi progressi e imparerai a conoscerti meglio.
Non dimenticare, inoltre, che la cura non può prescindere da un aspetto a volte troppo trascurato: l’attenzione all’anima. Non solo il nostro corpo, ma anche la nostra anima ha bisogno di stare bene.
Se segui i miei canali avrai visto quanto questo aspetto ritorni nelle chat della domenica e nei post. D’altra parte, l’anelito alla spiritualità è una costante della storia umana. Pensa agli uomini delle caverne, al loro bisogno di spiritualità espresso nelle pitture rupestri, raffiguranti simboli cui probabilmente si rivolgevano nelle difficoltà.
L’attenzione all’anima è nel nostro dna, fa parte di noi e come tale non può essere trascurata. Ho abbracciato questo approccio olistico nel mio percorso. A un certo punto mi sono resa conto che senza la cura della mia parte spirituale, anche adottando il mindset giusto il mio equilibrio era sempre incompleto.
Passa all’azione: metodo, compassione e strategia
Una volta comprese le modalità della cura, possiamo passare all’azione. Ne ho parlato anche in un altro post, ma qui voglio approfondire alcuni aspetti relativi al metodo e raccontarti da dove ho trovato ispirazione.
Ci sono diversi modi per passare all’azione. Ognuno ha il suo ritmo di cambiamento. C’è chi è capace di cambiare in maniera radicale, di rinnovarsi continuamente. C’è chi invece riesce a progredire solo a piccoli passi, raggiungendo l’equilibrio con un percorso più lento. Io sono una di quelle persone.
In questo approccio mi ha ispirata una filosofia che arriva dal Giappone: il Kaizen. Letteralmente KAI (cambiamento, miglioramento) e ZEN (buono, migliore), può essere tradotto come ‘cambiare in meglio’, ‘miglioramento continuo’.
In origine si trattava di una tecnica di efficientamento aziendale, ma ha poi trovato applicazione anche nei percorsi comportamentali. Se vuoi saperne di più ti consiglio il volume di Christie Vanbremeersch “Kaizen: La filosofia giapponese del grande cambiamento a piccoli passi”.
Nel mio percorso di crescita personale interpreto il Kaizen come una serie di piccole migliorie che cerco di applicare al mio lavoro e alla modalità in cui perseguo la mia realizzazione. Mi permette di non stare mai ferma senza dover per forza ogni volta rivoluzionare i miei metodi e il mio modo di essere.
Forse ti sarai accort*, ascoltando i miei podcast e le mie chat, di come siano cambiati, seppur con gradualità, nel tempo.
Risentire gli audio passati mi aiuta a osservare le dinamiche del mio cambiamento: anche se i miei contributi non sono perfetti, ascoltandoli uno dopo l’altro mi rendo conto di quanto io sia migliorata (e di quanto posso ancora migliorare). È anzi molto utile per il mio lavoro tenere traccia dell’evolversi del mio metodo, del suo allineamento progressivo con i miei valori.
Hai mai pensato a qual è il tuo ritmo? Preferisci, come me, i piccoli passi, oppure affronti il cambiamento in modo radicale?
Abbracciare il cambiamento è anche questo: devi conoscerti, trovare il tuo passo, sintonizzarti sulla velocità più adatta per te. E richiede cura e azione.
Qualunque sia il tuo metodo, poi, non può prescindere da due aspetti: compassione e strategia.
La compassione non è autocommiserazione. Vuol dire avere a cuore il nostro benessere come potremmo avere quello per altre persone. Significa soprattutto applicare alle nostre azioni la leggerezza, volersi bene e cercare di dare il meglio di sé, perdonando i propri sbagli.
Uno dei cardini della mindfulness è proprio la self-compassion, e nel mio lavoro di mentore insisto molto su questo aspetto, che si collega con l’imperativo “take care” di cui parlo sopra.
Quando mi prendo cura di me imparo che cosa voglio, che cosa sono in grado di fare, divento consapevole dei miei limiti e delle mie risorse. Se mi metto in ascolto percepisco la forza su cui posso contare, attingendo alle esperienze passate e a come le ho affrontate.
L’altro aspetto di metodo che non devi trascurare è la strategia. Avere una strategia parte dal fare chiarezza sulla nostra visione e sui nostri obiettivi, pianificando di conseguenza tutti i passi.
Il metodo WOOP, elaborato dalla ricercatrice e psicologa Gabriele Oettingen e descritto nel volume “Io non penso positivo”, è frutto di trent’anni di ricerche e si pone in contrasto con il filone più accreditato della psicologia positiva. Secondo la Oettingen, l’approccio basato sull’immaginare che le cose ci andranno sempre bene non è sufficiente per realizzare i propri obiettivi.
Nei suoi studi questa straordinaria ricercatrice ha individuato il tassello mancante e promosso un metodo alternativo, denominato WOOP: Wish, Outcome, Obstacle, Plan (Desiderio, Risultato, Ostacolo, Piano). In pratica, il suo approccio prevede, oltre al Desiderio, alla visualizzazione del Risultato e al Piano per raggiungerlo, anche la consapevolezza dell’Ostacolo che possiamo trovarci di fronte.
Questo non vuol dire lasciarci sopraffare dalle difficoltà di un percorso e rinunciare. Significa invece includere nel nostro Piano una strategia adatta a superare o aggirare quell’ostacolo. Anzi, la ricerca di nuove strade può contribuire a innescare la nostra creatività nell’elaborazione del Piano per raggiungere il nostro obiettivo.
L’importante è mantenere un atteggiamento di fiducia, non cadere nell’autocommiserazione.
Quante volte hai sentito una vocina dentro di te che diceva “chi me lo fa fare”? Nel mio libro Freelance Digitali, Maggioli Editore, chiamo questa vocina interiore “la vocina di Magnum PI”. Ve la ricordate la vocina che il famoso investigatore privato delle Hawaii del telefilm degli anni ‘80 diceva di sentire mentre tentava di risolvere un caso?
Questa voce rappresenta il dialogo con noi stessi, il modo in cui nella nostra mente affrontiamo l’azione oppure ci fabbrichiamo un pacchetto di scuse per rimanere immobili.
Pensa a quali atteggiamenti diversi corrispondono le espressioni “ce la posso fare”, oppure “devo superare questo ostacolo” o ancora ”non ce la farò mai”.
Possiamo mettere a tacere la vocina quando non ci aiuta ad andare avanti? Sì, se ci impegniamo a cambiare il nostro dialogo interiore, riconoscendo le parole che ci frenano e ribaltandole.
Questo è l’altro esercizio che ti invito a fare: quando ti ritrovi in una fase di sconforto o di stanchezza, fermati e registra le parole che dici a te stess*: come si esprime la tua voce interiore? Che cosa suggerisce? Ti invito a scrivere queste parole, magari la sera, nel richiamare alla mente la tua giornata. Puoi provare a farlo per quindici giorni e poi mettere da parte l’elenco per qualche giorno.
Quando lo riprenderai, prova a capovolgere le espressioni negative, una alla volta, di modo da trasformarle in frasi di incoraggiamento. Con questo esercizio lavorerai sul tuo mindset, arricchendo la tua vocina interiore con un bagaglio di espressioni positive da riutilizzare in altre fasi della tua vita.
Pensi che gli esercizi che ho suggerito ti saranno utili? Hai provato a farli e vuoi dirmi com’è andata? Puoi farlo lasciando un commento qui sotto.
E non scordarti il mantra: “take care, take action”! Ci vuole cura e azione.
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